Con l’ordinanza n. 6034/2018, la terza sezione civile della Corte di Cassazione ha ricordato alcuni consolidati principi giurisprudenziali in materia di risarcimento danni cagionati da una cosa in custodia.
In particolare, la Suprema Corte si è pronunciata sul ricorso di un Comune, convenuto in giudizio da un cittadino che aveva chiesto all’ente locale un risarcimento per le lesioni che aveva riportato dopo una caduta dalla bicicletta a causa dell’omessa manutenzione stradale. L’uomo, mentre percorreva una strada comunale, aveva perso l’equilibrio a causa della presenza di buche e pietrisco, cadendo a terra e riportando un trauma cranico e diverse ferite.
Il Comune ricorreva in Cassazione avverso la pronuncia della Corte d’Appello che aveva ritenuto sussistere un concorso di colpa tra ciclista e Comune nella causazione del sinistro, pari al 50% cadauno, e aveva quindi condannato l’amministrazione al risarcimento del danno. In particolare, i Giudici avevano ritenuto applicabile l’art. 2051 c.c., sussistendo un effettivo potere di controllo da parte dell’amministrazione convenuta sulla strada di sua “proprietà“, che era “non distante dal perimetro urbano e notoriamente frequentata da ciclisti anche per il suo carattere turistico”. Il Comune, inoltre, non aveva offerto la prova del caso fortuito, consistente nella eccezionalità e imprevedibilità del comportamento dell’utente della strada, tale da risultare causa sopravvenuta idonea da sola a provocare l’evento. Anche il ciclista però era parzialmente in colpa in quanto “avrebbe dovuto e potuto porre maggiore attenzione nell’incedere” e procedere con “particolare prudenza ed avvedutezza”, riducendo anche la velocità. Ciò “non potendo fare affidamento su un perfetto stato di manutenzione del manto stradale”.
Il Comune contestava la decisione in particolare in relazione alla sussistenza del nesso causale tra la cosa in custodia e il danno, affermando che il ciclista non avesse prestato il dovuto livello di attenzione, diligenza e prudenza richiesto dalla situazione in cui si trovava, essendo la buca di dimensioni tali da risultare visibile a una distanza compatibile con la possibilità di attuare uno spostamento e aggirare facilmente il pericolo.
La Cassazione, investita della questione, ha però ritenuto consolidato il principio secondo cui l’ente proprietario di una strada aperta al pubblico transito si presume responsabile, ai sensi dell’art. 2051 c.c., dei sinistri riconducibili alle situazioni di pericolo connesse in modo immanente alla struttura o alle pertinenze della strada stessa.
L’amministrazione è responsabile ex art. 2051 c.c. per i danni cagionati dalla cosa in custodia, salvo che provi il caso fortuito, ove il danneggiato dimostri il nesso causale tra la cosa e l’evento dannoso, indipendentemente dalla pericolosità o meno o dalle caratteristiche intrinseche della prima. È possibile che il nesso causale tra fatto ed evento dannoso possa essere interrotto dal comportamento imprudente del danneggiato nel dinamismo causale del danno.
Più di recente, invece, si è registrata un’inversione di rotta, in quanto in un caso analogo è stata invece respinta la richiesta di risarcimento presentata da un ciclista poco accorto.I Giudici questa volta hanno ritenuto prevalente la scarsa avvedutezza mostrata dall’uomo in sella alla propria bici.
Secondo l’ordinanza 23 marzo 2022, n. 9410 della Cassazione – sez. VI – infatti, niente risarcimento per il ciclista caduto a causa della pavimentazione fortemente sconnessa della via pubblica.Il ciclista ha agito in giudizio contro il Comune, addebitando ad esso la piena responsabilità per caduta, frutto, a suo dire, di «una via pubblica caratterizzata da una pavimentazione fortemente sconnessa». Sia i giudici di merito che la Cassazione non hanno riconosciuto un risarcimento in favore del ciclista perché «nel transitare, in sella al proprio velocipede, su una via pubblica caratterizzata da una pavimentazione fortemente sconnessa» l’uomo «ha tenuto un comportamento poco accorto». In sostanza, «se il ciclista avesse proceduto con la necessaria avvedutezza, avrebbe certamente evitato di incorrere nella caduta». Negato dunque il risarcimento al ciclista poco avveduto.
Pertanto, attenti ciclisti, la prudenza non è mai troppa.
Sii prudente e
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